Escursione sull’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa

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Una densa nebbia che si solleva a tratti per intravedere una landa brulla, di pietre color nero-ruggine, con ciuffi di piante grasse giallo-verdi, mentre su tutto cade una pioggerella gelida che penetra le ossa: questo è stato il mio primo impatto con l’Etna.

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A differenza di quanto si potrebbe immaginare, è stato un impatto positivo e a distanza di due anni dal mio viaggio in Sicilia mantengo un vivido ricordo dell’escursione sull’Etna: certo, il passaggio dalle calde, colorate e luminose Eolie a questo paesaggio lunare è stato brusco e inaspettato, ma ha reso l’escursione una sorta di viaggio in una terra di mezzo, contribuendo così al fascino di questo maestoso e vetusto vulcano.

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L’Etna è infatti il vulcano più alto d’Europa: originatosi nel corso di oltre 500.000 anni di eruzioni e colate laviche, è uno di quei luoghi che incutono timore e reverenza, dove la natura mostra tutto il suo potere creativo e distruttivo allo stesso tempo.

Insomma, uno di quei posti che dovrebbero essere visitati almeno una volta nella vita.

Paesaggio_Etna

Pare che l’Etna abbia iniziato a generarsi almeno 570.000 anni fa, in quello che, all’epoca, sembra fosse un golfo.

Probabilmente come avvenuto ad esempio per il vulcano di Nea Kameni a Santorini, le eruzioni hanno iniziato ad accumulare lava solidificata, che, nel corso dei secoli, è emersa dal mare raggiungendo le attuali dimensioni: 3.350 metri di altezza e un diametro di oltre 40 km, che lo rendono il vulcano attivo più grande d’Europa.

Sì, perchè l’Etna è un vulcano in piena attività e gli piace ricordarlo: a differenza di Stromboli, qui il pennacchio di fumo che esce dalle cime è costante. Ed esattamente come avviene con lo Stromboli anche l’Etna è costantemente monitorato dall’INGV. Le sue eruzioni, sicuramente spettacolari, continuano ancora oggi a provocare danni.

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Secondo la mitologia greco-romana, l’Etna ospitava alle sue pendici l’officina del dio Efesto, sposo di Afrodite e fabbro degli Dei: qui Efesto forgiava nel fuoco le armi invincibili di dei ed eroi. L’origine stessa del nome sembra legata al concetto del fuoco, e deriverebbe probabilmente dal verbo greco αιθω.

L’Etna si trova in provincia di Catania e dal 2013 è Patrimonio Unesco. Nel 1987 è stato istituito il Parco dell’Etna, primo tra i parchi siciliani, che ne gestisce attività e conservazione. Il sito del parco è un’ottimo punto di partenza per conoscere non solo la storia ma soprattutto per ottenere informazioni utili per un’escursione sull’Etna.

 

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Sono tante infatti le opportunità offerte da questa meraviglia della natura: dal trekking, alle visite enogastronomiche (ebbene sì, sui sui versanti si coltiva la vite e si produce un buon vino), all’Osservatorio astronomico fino alle attività sciistiche in inverno, quando la neve ne ricopre la parte più alta.

Attività da provare ma con un occhio sempre attento alla sicurezza: con i vulcani attivi non si scherza mai!

 

Alcune informazioni utili per un’escursione sull’Etna

 

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Un’escursione sull’Etna può iniziare…in qualunque punto. È possibile infatti raggiungere un qualsiasi punto alla base del vulcano e da qui iniziare ad esplorarlo. Quello che colpisce, avvicinandosi per la prima volta, è come i pezzi di lava fredda, inizialmente radi e solitari, diventino sempre più frequenti fino ad essere essi stessi il terreno sul quale ti muovi.

Esistono comunque “punti di accesso” ufficialmente riconosciuti, a cominciare  dal centro visite del Parco dell’Etna, a Fornazzo, a circa 800 metri di quota sul versante orientale: qui è stato allestito un vero e proprio centro di documentazione sull’Etna.

Se invece si vuole esplorare l’Etna da soli, è possibile utilizzare la carta dei sentieri, disponibile sul sito del parco, e partire da uno dei tanti rifugi.

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Noi abbiamo optato per questa seconda possibilità, grazie anche alle informazioni di amici: il nostro punto di partenza è stata la stazione turistica Nicolosi nord – Etna Sud, a 1910 metri di altezza sul versante sud.

rifugio-la-sapienza

Nonostante fosse fine agosto, per la nostra escursione sull’Etna ci siamo attrezzati di tutto punto.

Giacca a vento, sopra felpa e maglietta, pantaloni impermeabili, scarponcini e zaino con bottiglietta d’acqua: un abbigliamento comodo e che ci ha consentito di adattarci bene ai cambi di clima e temperatura della vetta. Ultimo consiglio: sempre meglio avere con sé un cellulare con GPS.

 

La nostra escursione sull’Etna: dai monti Silvestri alla cima… o quasi!

 

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Siamo partiti da Brolo intorno alle 9 del mattino e, a causa di qualche serio problema con il navigatore, non siamo riusciti ad arrivare prima dell’ora di pranzo al Rifugio la Sapienza, alla stazione Nicolosi nord-Etna sud. Senza sbagliare strada avremmo probabilmente impiegato un paio d’ore.

Stanchi, affamati e un po’ infastiditi dal notevole numero di turisti presenti e da una fastidiosa pioggerellina, abbiamo approfittato per mangiare un boccone. Il Rifugio La Sapienza è il tipico rifugio di montagna: ad essere sincera il cibo non era proprio il massimo ma il loro sito internet fornisce informazioni che possono essere utili soprattutto per chi volesse prenotare eventuali escursioni.

Finito di pranzare, abbiamo iniziato l’esplorazione.

crateri-silvestri

La pioggia era finalmente cessata e con mia grande sorpresa l’Etna si è rivelato molto diverso da come l’avevo immaginato.

Più che un vulcano infatti mi sono trovata davanti un vero e proprio complesso di vulcani, una sorta di naturale stratigrafia a cielo aperto, formatasi nel corso di secoli.

Un esempio sono i Monti Silvestri, che si trovano poco distante dal rifugio: si tratta di coni vulcanici formatisi durante l’eruzione del 1892 che durò quasi 200 giorni. A vederli appaiono come piccoli (si fa per dire) vulcani in miniatura. Ma non sono i soli: più avanti ci sono i Monti Calcarazzi e molti altri.

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Dopo aver esplorato i Monti Silvestri, abbiamo iniziato l’escursione sull’Etna vera e propria, costeggiando il percorso della funivia dell’Etna che si trova accanto al Rifugio.

L’attuale funivia, aperta nel 2004, consente infatti in poco meno di 15 minuti di salire a quota 2504.

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Avevamo trascorso in auto tutta la mattina e non avevamo voglia di metterci nuovamente a sedere: così abbiamo deciso di salire a piedi….lo ammetto, pensavo sarebbe stato più veloce e facile di quanto in realtà non sia stato!

La salita, infatti, è stata faticosa, soprattutto perchè eravamo privi di qualsiasi allenamento: nel primo tratto abbiamo costeggiato la nuova funivia, per poi deviare e seguire il vecchio tracciato, distrutto dall’eruzione del 2001 e 2002.

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Camminare sulla lava fredda non è semplice: è un po’ come camminare sulla sabbia del deserto, solo che il terreno non è piano ma costituito da grandi zolle di lava solidificata, piuttosto aguzze.

Occhio infatti a caderci sopra perchè si rischia di tagliarsi.

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Mentre salivamo, ci siamo lasciati alle spalle la calca di turisti, concentrati nella zona del rifugio, guadagnandone così in pace e serenità (almeno per me); inoltre, piano piano, la nebbia ha iniziato a diradarsi e la fatica è stata compensata da scorci di panorami mozzafiato.

Da quassù infatti, nelle giornate di sole si può arrivare a vedere  il golfo di Catania! Eppure anche con le nuvole che correvano veloci e gli scorci di paesaggio che apparivano e scomparivano, il fascino era davvero incredibile.

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Abbiamo raggiunto il terminal della funivia, dopo quasi 2 ore di camminata, piuttosto stanchi.

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Di norma chi arriva fin qui in funivia, inizia poi la scalata alla parte più alta, a piedi o in jeep: secondo l’ordinanza della prefettura di Catania, è consentito salire liberamente solo fino a 2500 metri di quota, oltre i quali è necessario essere accompagnati da una guida ufficiale.

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Noi abbiamo proseguito ancora per pochi metri, fino a quando abbiamo intravisto la fumarola che saliva da una delle cime del vulcano: inizialmente ho pensato che fossero nuvole ma aguzzando meglio la vista mi sono accorta che era proprio fumo!

Mi sarebbe piaciuto tanto proseguire ma purtroppo, un po’ per la stanchezza e un po’ perchè non eravamo attrezzati per trascorrere un’eventuale notte sul vulcano, ho dovuto arrendermi e iniziare la discesa a piedi. La funivia infatti aveva già chiuso i battenti!

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Abbiamo raggiungo il Rifugio Speranza dopo oltre un’ora di camminata, intorno alle 18.30 e con nostra grande sorpresa abbiamo trovato chiusi gran parte delle attività commerciali di Nicolosi nord. Abbiamo fatto giusto in tempo a prendere una cioccolata calda prima che chiudesse l’ultimo bar.

Distrutti ma soddisfatti siamo quindi tornati alla macchina e abbiamo ripreso la strada per Brolo.

La cartina del Gruppo Guide Alpine dell’Etna, consultabile cliccando qui, mostra bene l’itinerario della nostra escursione sull’Etna e quello che è possibile fare proseguendo dopo il terminal della funivia.

 

Proteggere l’Etna: il problema delle discariche abusive

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L’ultimo regalo che ci ha fatto l’Etna è stato il tramonto: mentre scendevamo con l’auto il paesaggio intorno a noi si è piano piano incendiato, regalandoci scorsi dai colori fantastici…non oso immaginare cosa si possa provare a goderselo in solitaria dalla cima del vulcano.

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Peccato che a rovinare questo spettacolo della natura fossero i cumuli di rifiuti abbandonati ai lati della strada. Pare che quello delle discariche abusive sull’Etna sia un problema che va avanti da anni, come testimonierebbe anche una veloce ricerca su internet.

Un peccato, perchè una meraviglia della natura come l’Etna meriterebbe più rispetto. A questo proposito, sono d’accordo con i due turisti di Treviso che, pochi mesi prima di noi, dopo aver visitato la stessa zona, hanno scritto una lettera al Comune di Catania invitando ad amare di più l’Etna.

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Questo tipo di comportamento è compensato dall’impegno di altri: periodicamente vengono organizzate campagne per raccogliere i rifiuti che però purtroppo non sono sufficienti.

Mi auguro che qualcosa possa cambiare con la nuova direzione del parco, la cui nomina dovrebbe arrivare a breve. La Sicilia avrebbe tutte le carte in regola per essere la più bella regione d’Italia: basterebbe solo che imparasse a proteggere e valorizzare meglio le proprie meraviglie.

 

Fonte articolo: Reporter in Viaggio.

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