Il paradiso terrestre ha un nome ed è Nuova Caledonia

A est dell’Australia c’è una grande isola, un vero e proprio paradiso terrestre. Abitato da qualche millennio dai nativi melanesiani, quest’isola fu però ufficialmente scoperta da Cook, il 7 settembre 1774 viene presentata al mondo come la Nuova Caledonia.

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James Cook dette questo nome all’isola perché le ricordava le sue amate alture scozzesi. Ed ecco che isola e montagna oggi, condividono lo stesso nome.

Come dicevamo, questa terra era già abitata dai nativi, chiamati kanaky. Oggi sono proprio loro, con le tradizioni che si portano dietro da millenni, ad attirare i turisti a Nuova Caledonia, di proprietà della Francia, nonostante sia in una forma di autonomia e nel 2018, cercherà si accaparrarsi un altro piccolo pezzo d’indipendenza da Parigi.

Più che di un’isola si tratta in realtà di un arcipelago del Sud del Pacifico e offre molte attività culturali. La prima cosa da vedere è sicuramente Tjibaou, che dista da 10 km dalla città. Si tratta del centro culturale progettato dal 1998 da Renzo Piano. Il nostro consiglio è anche quello di visitare la capitale Nouméa, circondata da lagune.

Considerate che qui nella Nuova Caledonia c’è la più grande laguna del mondo, grande 24 mila kmq. Rientra tra le sei lagune dell’isola entrate nella lista dell’UNESCO come patrimonio dell’umanità.

Come non nominare invece, la barriera corallina lunga oltre 1800 km compresa sempre nel territorio delle lagune?

I botanici di tutto il mondo amano quest’isola, perché nell’isola principale l’80% della flora e il 30% della dauna hanno un carattere endemico. Pensate che proprio qui è stata scoperta una specie primitiva di pianta, quella che oggi è considerata la posseditrice del più antico DNA al mondo.
Torniamo, però, al mare, sicuramente la risorsa turistica più importante della Nuova Caledonia, senza far torto a rodei e cowboys — proprio così — che imperversano nelle regioni occidentali dell’isola principale. A detta di molti, nella vera e propria cornucopia di spiagge da sogno che si trovano quaggiù, l’Oscar spetta a quelle dell’Isola dei Pini e a Ouvéa. I pini che danno il nome all’isola non sono quelli marittimi degli italici panorami, sono, invece, giganteschi pini colonna che svettano proprio al bordo delle spiagge bianchissime a loro volta orlate di falesie di corallo. Un gioco di contrasti che lascia a bocca aperta e che è raggiungibile in breve via mare o via aerea da Nouméa, dato che l’Isola dei Pini dista solo 50 km dalla Grande Terre. L’altro must marittimo spetta a Ouvéa, una delle tre Isole della Lealtà a est della Grande Terre. La spettacolare spiaggia bianca di Mouly è lunga ben 25 km e fa parte della lista delle dieci più belle spiagge del mondo. Qui, come su molti altri litorali dell’arcipelago, sorgono strutture ricettive quasi sempre ben integrate nell’ambiente.

Certo, il modo migliore per cogliere tutti gli aspetti della Nuova Caledonia non può che essere un tour completo della Grande Terre (lunga 400 km e larga in media una cinquantina) con annesse puntate sulle isole minori. Ma se non si ha tempo per un soggiorno così lungo o se si è in luna di miele con scarsa propensione per i chilometri in auto — siamo in una destinazione top per i viaggi di nozze — bisogna comunque cercare di non perdere qualche altro aspetto caratterizzante di una meta così particolare. Dalle baie in cui nidificano le tartarughe alle acque in cui capita di nuotare con i delfini, dalle aree di elezione per lo snorkeling a quelle del whale watching sino ai voli panoramici sul “cuore di Voh” il fotografatissimo disegno formato nella foresta di mangrovie, occorre scegliere.

Magari privilegiando le occasioni di incontro con le tradizioni native come “le geste coutumier”. Si tratta di una cerimonia di benvenuto con la quale il capo della comunità kanaky acconsente, donando un tessuto, all’ingresso dello straniero nella propria casa e nella comunità. Probabile in questo caso vedersi offerta la “bougna”, piatto a base di tuberi, banana, pezzi di pollo, granchio o aragosta avvolti in foglie di banana e marinati in latte di cocco prima di essere cotti al forno.

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